Digesting Net - Le vite degli altri
Buon sabato,
nell’attesa di rileggerci il 9 settembre prossimo, ecco un’antologia ragionata dei miei interventi finali.
Non dimenticate di acquistare il mio romanzo (disponibile anche in e-book).
Statemi bene,
Alessandro Loppi (*)
Ogni evento, ogni oggetto, ogni persona, vengono considerati in base a una prospettiva condivisa. Frase banalissima, lo so; notate, però, che ho volutamente usato il verbo “considerare”. Ha un’origine semantica molto curiosa: cum-sidereo, “tenere conto delle stelle”, cioè - in forma estesa - valutare qualcosa in base alla sola osservazione, peraltro filtrata dalla propria cultura.
Ma se di fronte a una “considerazione” condivisa e accettata da tutti, provassimo a cambiare prospettiva?
Prendiamo, ad esempio, l’ossigeno. Senza, non ci sarebbe la vita sulla Terra (tranne in un caso microscopico). A latere: anche la storia della sua “scoperta” è decisamente un esempio di cosa accade quando hai il coraggio di cambiare prospettiva.
Dicevo: l’ossigeno è un elemento nodale, fornito dalla dolce e cara Natura per consentire alla vita di svilupparsi in miliardi di forme. E la prospettiva umana con cui consideriamo la Natura è il ritenerla buona, ma solo se soddisfa i ristretti requisiti del nostro tornaconto.
Molti lustri fa, sono incappato in tre parole che mi hanno lasciato basito: “Catastrofe dell'ossigeno”.
Che cosa è? Perché non se ne parla mai?
Eppure, si tratta di una strage inimmaginabile che causò la morte di miliardi di esseri viventi!
Miliardi!
Eppure, silenzio.
Il come consideriamo certi drammi epocali è sempre vincolata da prospettive tutt’altro che “naturali”: quindi, è vero che le vittime della catastrofe dell’ossigeno furono miliardi, poverine, ma microscopiche e qualche milione di anni fa! In più, non ci fu nessun testimone, nessun testo a futura memoria, nessuno sdegno a comando.
Ma c’è di più: fu una incommensurabile strage che diede vita alla… vita! Quella attuale! Quella nostra!
Insomma, se cliccate qui, comprenderete cosa sia veramente accaduto e soprattutto come; vi ricordo solo che ognuno di noi respira 25mila volte al giorno… più o menoProvare a parlare delle vittime della “conquista” americana significa essere sopraffatti da un triste elenco di devastazioni che nessun film e nessun testo riusciranno mai a rendere in tutta la loro crudeltà.
E però bisogna sempre avere bene in mente che non è (solo) con l’arida conta dei morti che rendi l’idea di un dramma di tale portata.
Come fai a spiegare le lente, quotidiane e inesorabili modalità con cui straordinarie culture millenarie sono state annientate nel giro di pochissimi secoli (alcune, in pochissimi mesi) dalla nostra cultura bianca, cristiana e occidentale? Come fai a evidenziare quelle caratteristiche che di fatto ancora oggi sopravvivono nella nostra mente e continuano ad agire contro l’altro, sicuramente in maniera meno “spettacolare” ma altrettanto devastante?
È vero che esistono decine di saggi documentati e molto profondi, ma sono o universitari o ideologizzati o di nicchia.
L’unico testo che ancora oggi potrebbe scuotere le nostre coscienze è di Tzvetan Todorov. Pubblicato nel 1982, il suo “La conquista dell'America. Il problema dell'altro” è ancora di scottante attualità: un saggio fondamentale per comprendere a fondo la fonte ancora zampillante che causò quel genocidio così sistematico.
Stiamo parlano di 80 milioni di amerindi.
AlmenoTra le ennetante documentazioni che incontrai durante la scrittura della mia tesi sui “film dalla-parte-di”, quella di Nadine Gordimer mi impressionò particolarmente: gli africani estirpati dalla loro terra, per essere usati poi come schiavi, furono in tutto 36 milioni!
18 milioni arrivarono vivi; 18 milioni morirono durante la cattura o il tragitto o appena arrivati.
Il ritaglio è in soffitta e quindi non posso produrlo in questa newsletter; ma non sono in soffitta altri documenti che girano intorno a quelle cifre: dal 650 al 1905, gli arabi deportarono 18 milioni di africani; dalla “scoperta” del Nuovo Mondo fino agli inizi dell’800, noi bianchi cristiani ci attestammo, invece, tra i 7 e i 10 milioni di africaniEra contemporanea, le vittime dimenticate
Guerra in Bosnia ed Erzegovina (1992 -1995: 100.000 morti
Genocidio in Ruanda (aprile-luglio 1994): tra 500.000 e 1 milione di morti
Genocidio cambogiano (1975-1979): tra 800.000 e 3.300.000 di morti
Genocidio armeno (1915-1916): 1,5 milioni di morti
Genocidio assiro (1915-1916): 750.000 morti
Genocidio dei greci del Ponto (1914-1923): 5.238.000 morti
Guerra del Kosovo (1998-1999): 1 milione di morti
Occupazione indonesiana di Timor Est (1975-1999): 300.000 morti
Guerra civile in Sierra Leone (1991-2002: 50.000 morti
Genocidio degli Herero e dei Nama (1904-1908): 200.000 morti
Guerra Civile in Etiopia (1974-1988): 1 milione di morti, almeno
Guerra civile in Guatemala (1960-1996): 250.000 morti
Genocidio dell'Anfal (1986-1989): 182.000 morti
Guerra del Darfur (2005-2010): 1 milione di morti
In tempi e modi diversi, la politiche economiche straniere in India hanno “spinto” alcune calamità:
- peste, 11.000.000 di morti dal 1894 al 1912
- colera, 4.500.000 di morti tra il 1905 e il 1910
- carestia, 1.500.000 morti nel 1866, 5.000.000 nel 1876-78, 1.500.000 nel 1869, 2.000.000 nel 1899-00Conosco Internazionale da quando è nato, visto che esordì nelle edicole proprio nei mesi in cui iniziavo la mia avventura in RAI, nella redazione di Prima Pagina su Radio3. Trovo, però, stucchevole la posizione antisraeliana del direttore, a volte addirittura pretestuosa.
Premesso ciò, alcuni suoi fondi sono eccellenti, come questo, uscito nel numero 1452 del settimanale:
Quante sono le guerre in corso nel mondo adesso?
“Conflitto aperto e dichiarato fra due o più stati, o in genere fra gruppi organizzati, etnici, sociali, religiosi condotto con l’impiego di mezzi militari”, questa è la definizione della parola “guerra”.
Quindi, è una guerra quella che il Messico combatte dal 2006 contro i cartelli della droga (e che i cartelli combattono tra loro), e in cui dall’inizio dell’anno sono morte 1.367 persone.
O quella che si svolge in Nigeria dal 2009, in cui nel 2022 sono morte 1.363 persone.
Ovviamente, sono guerre quella in Siria (1.037 morti nel 2022), in Iraq (267 morti), nello Yemen (5.099 morti), nella regione del Tigrai, in Etiopia (410 morti).
Si può definire guerra quella che devasta la Birmania, dove dall’inizio dell’anno ci sono state 3.846 vittime.
L’Afghanistan è in guerra dagli anni settanta, con milioni di vittime, e negli ultimi mesi ha visto crescere il numero di rifugiati (sarebbero decine di migliaia), mentre la carestia minaccia cinque milioni di bambini.
Ci sono le guerre “a bassa intensità”, come il conflitto tra Pakistan e India per la regione del Kashmir (575 vittime nel 2021 e 25 dall’inizio dell’anno), o quello in Sudan (1.364 morti nel 2021, 97 nel 2022).
E ancora: Repubblica Democratica del Congo, Somalia, Mozambico, Israele e Palestina.
I bilanci delle vittime sono inevitabilmente approssimativi e spesso contestati dalle parti.
Una delle organizzazioni indipendenti che li aggiorna con più regolarità è l’Armed conflict location & event data project, secondo cui sono almeno dieci le guerre o le crisi in corso che rischiano di precipitare quest’anno, tra cui quelle nel Sahel, in Libano, ad Haiti e in Colombia.
E poi, ovviamente, c’è la guerra in Ucraina, cominciata il 24 febbraio con l’invasione russa.
Per rispondere alla domanda iniziale: sono 59 le guerre in corso nel mondo in questo momento